Il 23 marzo 1944 un gruppo di 12 partigiani dei GAP fece esplodere una bomba confezionata con 18 kg di tritolo, e altre bombe a mano, a Roma, in via Rasella, uccidendo 32 militari tedeschi: un altro soldato morì il giorno successivo (altri nove sarebbero deceduti in seguito). L’esplosione uccise anche due civili italiani, Antonio Chiaretti, partigiano della formazione Bandiera Rossa, ed il tredicenne Piero Zuccheretti. La rappresaglia nazista fu feroce: si decise di fucilare 10 ostaggi per ogni nazista ucciso. La fucilazione fu ordinata personalmente da Adolf Hitler, che aveva in un primo momento parlato di 50 ad 1, e pensato alla distruzione dell’intero quartiere (che comprende il Quirinale) e alla deportazione da Roma di 1000 uomini per ogni tedesco ucciso. Vennero fucilati 335 ostaggi. Il massacro fu organizzato ed eseguito da Herbert Kappler, all’epoca ufficiale delle SS e comandante della polizia tedesca a Roma. I tedeschi, dopo aver compiuto il massacro, infierendo sulle vittime, fecero esplodere numerose mine per far crollare le cave ove si svolse il massacro e nascondere, o meglio rendere più difficoltosa, la scoperta di tale eccidio.
Vedi: C. De Simone, “Roma città prigioniera”, i 271 giorni dell’occupazione nazista (8 settembre ‘43 – 4 giugno ‘44”) Mursia – Milano 1994, pp 116.