Strage di Reggio Emilia 1960

Il 7 luglio 1960, nel corso di una manifestazione sindacale, cinque operai reggiani, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI, furono uccisi dalle forze dell’ordine. Un reparto di 350 poliziotti sparò su un corteo di circa 20.000 manifestanti che, in un primo momento avevano respinto le cariche fatte con getti d’acqua e lacrimogeni. La strage rappresentò il momento più drammatico di una serie di
agitazioni e di mobilitazioni popolari causate dalla nascita del governo Tambroni, un
monocolore democristiano che si reggeva con l’appoggio esterno dei neofascisti del MSI e dalla scelta di Genova, medaglia d’oro della Resistenza, come città per lo svolgimento del congresso dell’MSI. Tambroni, autorizzò le forze dell’ordine a sparare in “situazioni di emergenza” ed alla fine di quelle settimane drammatiche si contarono undici morti e centinaia di feriti. Furono sparati 182 colpi di mitra , 14 di moschetto e 39 di pistola , e una guardia di PS dichiarò di aver perduto 7 colpi di pistola. Sedici furono i feriti “ufficiali”, ovvero quelli portati in ospedale perché ritenuti in pericolo di vita, ma molti altri preferirono curarsi “clandestinamente”, allo scopo di non farsi identificare. I fatti furono narrati in una celebre canzone di Fausto Amodei, dal titolo “Per i morti di Reggio Emilia” e, più recentemente, nel romanzo di Paolo Nori del 2006 “Noi la farem vendetta” e nella canzone “Piccola Storia Ultras” del gruppo musicale reggiano Offlaga Disco Pax (2012).